La torre d’avorio di Paola Barbato
Scopri “La torre d’avorio” di Paola Barbato, un thriller psicologico che indaga il confine tra colpa e redenzione.
Segui Mara Paladini, che cerca di fuggire da un passato oscuro, solo per trovarsi intrappolata in una spirale di sospetti e verità inquietanti.
Quando il passato torna a bussare, sarà possibile sottrarsi al suo potere?
Immergiti in questa storia magnetica e scopri il segreto che potrebbe cambiare tutto.
Puoi acquistare questo libro clickando su questo link
Se vuoi sostenere recensioniletterarie.it, clicka su questo link e offrici un caffè
La recensione
“La torre d’avorio” di Paola Barbato è un thriller psicologico che sprofonda il lettore nei meandri più oscuri della mente umana, intrecciando abilmente colpa, redenzione e l’incessante lotta contro il passato. Questo romanzo non è solo una storia di suspense, ma un’indagine profonda sull’identità e sulla possibilità di reinventarsi quando il peso degli errori sembra insormontabile.
Al centro della narrazione troviamo Mara Paladini, una donna che ha trascorso tredici anni a ricostruire se stessa. Un tempo, era Mariele Pirovano, una madre e moglie affetta dalla sindrome di Münchhausen per procura, una condizione che l’ha spinta a manipolare la salute dei suoi cari per trarne un perverso senso di controllo e riconoscimento. Dopo aver scontato una pena in una struttura psichiatrico-giudiziaria per il tentato omicidio del marito e dei figli, Mara ha lasciato quel nome e quella vita alle spalle, cercando di costruirsi una nuova esistenza.
Eppure, per quanto si possa fuggire, è davvero possibile cancellare chi si è stati? Barbato ci conduce attraverso i pensieri di Mara, rivelando un personaggio complesso, diviso tra la speranza di un riscatto e la consapevolezza che alcune ferite non si rimarginano mai del tutto. Nella sua nuova vita, Mara vive isolata, prigioniera di se stessa e della casa che ha trasformato in un mausoleo di scatoloni e ricordi. È una fortezza, la sua, una torre d’avorio che la protegge dagli altri e da sé stessa. Ma come tutte le torri, è vulnerabile: basta una crepa per farla crollare.
Quella crepa si manifesta in modo apparentemente innocuo: una macchia di umidità sul soffitto. Ma quando Mara sale al piano superiore per avvisare il vicino, si trova davanti a una scena che la scaraventa indietro nel tempo. Un uomo morto, i segni dell’avvelenamento sul corpo. Mara, forse, potrebbe ignorarli. Ma Mariele, con tutta la sua tragica conoscenza del veleno, non può. In un attimo, il passato torna a ghermirla, dimostrandole che il suo tentativo di redenzione è stato vano.
Barbato utilizza questo punto di svolta per immergere il lettore in una narrazione serrata e psicologicamente densa. La tensione si alimenta a ogni pagina: chi è il vero responsabile dell’omicidio? Mara è vittima di un complotto, o il suo lato oscuro, quello che pensava di aver sepolto, sta riemergendo? Questa ambiguità rende la protagonista un enigma affascinante e inquietante, una figura che si muove sul sottile confine tra innocenza e colpa.
L’autrice è maestra nel creare un’atmosfera claustrofobica, dove lo spazio fisico e mentale si intrecciano in modo asfissiante. La casa di Mara, con i suoi scatoloni e le sue ombre, diventa una metafora della psiche della protagonista: un luogo apparentemente protetto, ma pieno di crepe pronte a far emergere ciò che è stato nascosto. Ogni dettaglio, dai rumori del palazzo alle sensazioni tattili della polvere accumulata, è descritto con una precisione che trasporta il lettore direttamente nel mondo della protagonista.
Un elemento che spicca nel romanzo è la capacità di Barbato di far emergere la dimensione psicologica attraverso piccoli gesti e dettagli apparentemente insignificanti. La macchia sul soffitto, che dà il via a tutto, non è solo un problema domestico: è il simbolo di qualcosa che Mara non può più ignorare. Lo stesso vale per i segni sul corpo del vicino morto, che risvegliano in Mariele una conoscenza che pensava di aver sepolto.
La scrittura di Barbato è incisiva, tagliente, capace di scavare a fondo nelle emozioni senza mai essere prolissa. Il ritmo della narrazione alterna momenti di introspezione a scene di pura tensione, creando un equilibrio che tiene il lettore incollato alla pagina. Ogni capitolo aggiunge un tassello al mosaico complesso della vita di Mara, fino a un finale che, senza spoiler, lascia il lettore con un misto di inquietudine e riflessione.
“La torre d’avorio” non è solo un thriller avvincente: è anche una riflessione sul peso della colpa, sulla possibilità di cambiare e sul significato stesso di redenzione. Mara è una protagonista con cui è difficile empatizzare, ma impossibile ignorare. È fragile e forte, vittima e carnefice, in un costante dialogo con le ombre del passato. Barbato non offre risposte facili: il lettore è chiamato a confrontarsi con i propri giudizi morali e con l’idea che, forse, nessuno può mai sfuggire completamente alla propria natura.
In definitiva, “La torre d’avorio” è un romanzo che lascia il segno, sia per la sua trama avvincente che per la profondità dei temi trattati. Paola Barbato dimostra ancora una volta di essere una delle voci più potenti e affilate del panorama letterario italiano, capace di intrecciare suspense e introspezione con una maestria rara. Un libro che non solo si legge, ma si vive, in un crescendo di emozioni e domande che continueranno a risuonare anche dopo l’ultima pagina.
#paolabarbato, #latorredavorio, #thriller, #bookblogger, #bookinfluencer, #bookstagram, #booktok, #francomarani, #recensioni, #recensioniletterarie, #recensioniletterarieit, #thrillerbook,